La tradizione della cucina piemontese

La cucina piemontese è fra le più varie e raffinate del panorama enogastronomico italiano ed europeo: un enorme serbatoio di ispirazioni della tradizione e di ricette, spesso di ispirazione contadina.

Nel passato era abbondante l’uso di burro e lardo, il consumo di verdure crude, la scelta dei formaggi, la presenza dei raffinatissimi tartufi, la preparazione dei grissini e l’impiego attento dell’aglio e dei prodotti della “via del sale” (bagna cauda) e di carni.

Se si può fare una classifica, sicuramente in cima un posto è occupato dal riso, che ha in quest’area la sua zona di maggior produzione europea.

Sicuramente nel corso dei secoli le influenze, soprattutto francesi, si sono fatte sentire, con contaminazioni piuttosto importanti, come si può leggere ad esempio nel trattato settecentesco: “Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi”.

Nello studio della tradizione enogastronomica, si trova invece molto nel “Trattato di cucina pasticcera” di Giovanni Vialardi.

Ricco il repertorio di ricette italiane presentate in questo splendido trattato: si descrivono le “tomatiche” (i pomodori) farcite col riso alla novarese, la “carlotte di mele o pere” (dolce di frutta cotta), dal francese “Charlotte”, e le “castagne confettate” (i Marrons glacés).
E nel testo sono tante le preparazioni definite “alla piemontese”: una ricetta caratterizzata dalla presenza dei tartufi bianchi, la farinata, il “bollito” (carni di manzo e vitello), e l’inossidabile fritto misto (con pesciolini di fiume, frattaglie, frittelle di mele, semolino dolce e amaretti).

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